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Vecchio 11-10-15, 16: 19
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Il cuore rallenta, la testa cammina, in quel pozzo di piscio e cemento.

Questi versi, subito riconoscibili, scritti da Fabrizio De Andrè e Ivano Fossati, aprono Korakhanè (A forza di essere vento), traccia numero 2 dell'album "Anime Salve", ultimo lavoro discografico di Fabrizio De Andrè, pubblicato pochi mesi prima della sua morte.

Anime Salve è una "Smisurata Preghiera" rivolta in favore degli ultimi, degli emarginati, dei più soli, dei più dimenticati.
Tra questi, De Andrè inserisce il popolo rom, per il quale, addirittura, in uno degli ultimi suoi concerti, prima di essere sconfitto dalla malattia, propone la consegna del Premio Nobel per la Pace. Il motivo è presto detto: De Andrè ricordava che il popolo rom gira il mondo da 2000 anni e sempre senza armi.

"Mi si dirà che gli zingari rubano; è vero, hanno rubato anche in casa mia. Si accontentano, però, dell’oro e delle palanche; l’argento non lo toccano perchè secondo loro porta male, lascia il nero, quindi vi accorgete subito se siete stati derubati da degli zingari.
D’altra parte si difendono come possono; si sa bene che l’industria ha fatto chiudere diversi mercati artigianali. Buona parte dei Rom erano e sono ancora artigiani, lavoratori di metalli, in special modo del rame, addestratori di cavalli e giostrai: tutti mestieri che, purtroppo, sono caduti in disuso. Gli zingari rubano, è vero, però io non ho mai sentito dire - non l’ho mai visto scritto da nessuna parte - che gli zingari abbiano rubato tramite banca. Questo è un dato di fatto.” (F. D. A.)

Il popolo Rom non sempre è stato storicizzato con la doverosa attenzione.
In pochi ricordano che i Rom, così come gli ebrei, hanno vissuto la tragedia dei campi di concentramento.
Si stima che siano stati oltre mezzo milione i Rom usati come cavie per esperimenti, trattenuti e impiegati in lager, e poi destinati alle camere a gas e ai forni crematori.
Una barbarie che fu operata dai nazisti, nella seconda guerra mondiale.

Khorakané (letteralmente, Lettori del Corano) è il nome di una tribù rom musulmana di origine serbo-montenegrina.
E' ritenuta essere la tribù più popolosa dei rom presente in Italia.
La maggior parte di essi è arrivata nel nostro Paese a partire dal 1991, e soprattutto fino al 1993, in concomitanza con la crisi bellica nella ex Jugoslavia.

De Andrè, da poeta qual era, racchiude questo episodio in quattro versi.

"Qualche rom, si è fermato italiano/ come un rame ad imbrunire sul muro"

E racconta la crisi jugoslava con quattro versi:

"I figli cadevano dal calendario
Jugoslavia Polonia Ungheria
i soldati prendevano tutti
e tutti buttavano via"

Io penso che questa canzone sia tra le più belle mai scritte. Un testo straordinario, un arrangiamento musicale sbalorditivo.
Una vera e propria poesia in musica.
Versi come "e un sollievo di lacrime a invadere gli occhi / e dagli occhi cadere", e ancora "a quel campo strappato dal vento / a forza di essere vento" sono pienamente ascrivibili a canoni poetici.

Che meraviglia: rappresentare il nomadismo, anzi, più precisamente, la dromomania, effettuando un transfert tra il campo e il vento, con il campo che viene chiamato "vento", e che viene strappato da se stesso; strappato dal vento.
Strappato dal vento (il campo), a forza di essere vento. O almeno, è questa la lettura che ho sempre dato io alla frase.

Posto qui il link ad una esibizione live, in cui si può apprezzare la partecipazione dei giovani figli di Faber, Cristiano e Luvi De Andrè.
Buon ascolto.

https://www.youtube.com/watch?v=YqlGwCgFbtk
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